Storia del Pilastro

“Questa è la storia di uno di noi…….

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…anche lui nato per caso in via Gluck”. Così cantava Adriano Celentano e siamo, guarda caso, nel 1966, anno di inaugurazione del Pilastro. Com’era il Pilastro, prima che costruissero le case che ci sono ora? Era sostanzialmente campagna. Una campagna viva ed attiva, campi coltivati e stalle e fienili accanto ad ogni casa, pollai ed oche: insomma, la campagna emiliana.

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Lo testimoniano  le tante case contadine rimaste, magari diroccate, alcune, come quei due ruderi vicino alla biblioteca in via Casini o le tante ancora agibili ed utili,  attualmente usate per altri funzioni non abitative.

Via Pirandello angolo Via Casini

Via Pirandello angolo Via Casini

Era una stalla, e lo si vede benissimo tuttora, la casa che c’è di fianco alla Sede di Quartiere, attualmente ristorante

Erano edifici contadini quelli della zona dove attualmente c’è la Biblioteca Luigi Spina, il complesso dove  c’è l’hotel appena fuori dalla tangenziale; e ancora gli edifici della Fattoria Urbana e quelli del Club 22, come anche del Centro Sociale di via Dino Campana.

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Strutture tipiche, a due piani, con scala interna che collegava il piano terra, dove c’era la cucina spesso con caminetto, con il primo piano dove invece si andava a dormire. Il bagno era esterno e aggiunto sucessivamente.
Di fianco quasi sempre c’era la stalla, con 5 o 6 mucche, con sopra il fienile, e dietro l’immancabile letamaio (se ci sono le mucche …) ed ancora il forno ed il pollaio.

Le strade di questa zona erano via San Donato e via del Pilastro, ovviamente non asfaltate. Quest’ultima, non dimentichiamolo, svolgeva un ruolo di collegamento non secondario che metteva in contatto la direttrice Bologna-Ferrara (la San Donato, appunto) con la Bologna-Ravenna (la San Vitale).
Poche auto, niente bus. Si girava in bici, coi motorini, le “vespe” e qualche moto.

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La chiesa di riferimento era San Donnino, anche quella senza nessuna casa intorno perché anche il complesso di San Donnino è stato costruito contemporaneamente al Pilastro. Nascerà poi la chiesa di Santa Caterina, prima nella sua sede provvisoria (qui in foto) poi in quella definitiva.

La scuola elementare era a Quarto Inferiore, ma la maggior parte dei bambini di fatto frequentava la scuola che si svolgeva nella canonica di San Donnino, gentilmente messa a disposizione dall’allora parroco Don Monti, prima che il Comune si attrezzasse e costruisse la scuola al Pilastro. L’ asilo era presso il giovani Villaggio dei  giovani sposi, nucleo di case costruito negli anni 50 sul lato sinistro di Via San Donato.

VILLAGGIO GIOVANI SPOSI

E per fare spesa…  i negozi più vicini erano quelli di Quarto inferiore o il bar ed il fornaio e l’edicola  all’interno del Villaggio dei Giovani Sposi. E, naturalmente, tanti tanti ambulanti. Nel primo complesso abitativo del Pilastro erano comunque previsti negozi di generi alimentari nella zona dell’emiciclo (Piazza Lipparini).

Descrivendo questa realtà contadina è importante parlare anche dell’Arboreto, il parco  collocato tra via del Pilastro e la ferrovia. E’ un parco di impianto relativamente recente (metà anni 90) diverso dagli altri, come struttura e come vegetazione.
In questo spazio si è  è mantenuta  la vegetazione e la struttura delle coltivazioni così come le praticavano i contadini della zona. Ci sono vigne ed alberi da frutto, i fossi allora usati per l’irrigazione, le piante autoctone originarie. E’ uno parco meno frequentato e più “selvatico” degli altri, ma proprio per questo più interessante.
I sentieri e le attrezzature del Percorso-vita presente sono collocate in modo discreto, ma basta una  passeggiata nel parco per sentirsi immersi in un clima diverso e speciale.

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Fino a quell’epoca vi era in sostanza una omogeneità,  una continuità territoriale tra la zona del futuro Pilastro e  San Donnino: stessa struttura, stesse strade, stessa chiesa, stessi scuola. Questa continuità si è andata storicamente esaurendo.
Certamente la nascita della  tangenziale vi ha posto una barriera fisica, ma soprattutto è stata la costruzione di due diversi  insediamenti abitativi, con caratteristiche di popolazione completamente diverse, che ha annullato la continuità storica nella zona, sancendo purtroppo, una specie estraneità tra due aree non solo contigue territorialmente, ma anche così legate in passato.

Testo di Ingrid Negroni

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