Una Casa famiglia al Pilastro

Img_2447Una vecchia casa contadina ristrutturata, collocata in mezzo al verde, fra gli orti della Fattoria Urbana e il Villaggio San Giorgio…una cosa da non sapere più se vivi in città o in campagna. Parliamo della Casa Famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII e dei suoi attuali responsabili Giulia e Matteo. Giulia è molto orgogliosa di questa abitazione, soprattutto perché la sua scelta di costituire una casa-famiglia permette a questo edificio di essere condiviso con persone che sono  in difficoltà, spesso per il solo fatto di essere nate nel posto sbagliato. Lo spirito di questa condivisione è alla base della vocazione che la ispira.

“Non la definirei carità- dice Giulia- Con la sola carità non si va molto lontano. Noi cerchiamo di offrire alle persone accolte una seconda occasione per ricevere quello che la vita, per uno strano destino, gli ha negato: una famiglia in cui la loro vita può avere una seconda occasione.”

Casa famiglia Pilastro

A livello nazionale La Comunità Papa Giovanni XXIII è stata fondata da don Oreste Benzi nei primi anni ’70 sotto l’impulso di un ideale preciso: condividere la propria vita con gli ultimi, inizialmente con i disabili. Siamo in anni in cui le trasformazioni introdotte della legge Basaglia (1978) sono ancora di là da venire.  L’obiettivo diventa quello di offrire a persone in difficoltà e abbandonate, l’ambiente domestico venuto a mancare. Poi col tempo, le case famiglia si sono caratterizzate sempre più per la multi-utenza nella convinzione che persone con problemi diversi possano trovare migliori adattamenti in mezzo ad un gruppo eterogeneo.

La Comunità Papa Giovanni XXIII è presente al Pilastro da una ventina d’anni grazie al lavoro instancabile di Anna e Angelo Giardini che però da circa un anno si sono ritirati dall’attività ed hanno lasciato Bologna. La Casa è così passata sotto la guida di Giulia e Matteo. Img_2449

Conosciutisi nei gruppi scout e dopo un’intensa esperienza in Africa, nelle baraccopoli del Kenia, Giulia e Matteo hanno deciso, subito dopo essersi sposati, di sperimentarsi nella Comunità iniziando, 5 anni fa, un percorso di verifica vocazionale. Hanno conosciuto la Casa fondata dai coniugi Giardini durante la distribuzione ai poveri di derrate alimentari che le catene di supermarket smaltiscono gratuitamente per irrilevanti difetti di packaging. Alcuni anni dopo hanno ricevuto la proposta di insediarsi permanentemente nella Casa del Pilastro.

“Qui tutto si svolge in base ai principi della paternità e maternità responsabile, oltre naturalmente al rispetto delle normative emanate dalle varie amministrazioni (cittadine e regionali) che sono molto dettagliate a riguardo. Si tratta comunque di un ambiente basato sulla struttura familiare classica che vede nella coppia madre-padre il punto di riferimento di tutta la piccola comunità.”

Attualmente nella casa vivono oltre a Giulia e Matteo e ai loro figli naturali,  tre pre-adolescenti, una mamma con un bambino nato pochi mesi fa e quattro minori provenienti da famiglie Rom che trascorrono nella Casa fine-settimana allargati; a loro si aggiunge una signora (ospite di un’altra Casa-famiglia) che viene spontaneamente a trascorrere alcuni pomeriggi ogni settimana, rendendosi disponibile ad ogni evenienza..

Questa la fotografia ad oggi, ma la situazione è in continua evoluzione. I principali interlocutori pubblici di una Casa famiglia sono infatti, oltre alla Comunità Papa Giovanni XXIII,  anche le istituzioni territoriali (in primis i Servizi Sociali…) e in parte anche quelle ecclesiastiche. Sono questi gli enti che, in base alle loro valutazioni,  fanno proposte alla Comunità che a sua volta valuta quali di queste proporre ai responsabili.

Ci racconta Giulia: “La nostra, in fondo, è una famiglia allargata: un tipo di famiglia che nel mondo contadino contava numerosi esempi. Noi viviamo immersi nel territorio come qualunque altra famiglia di qua. Io e Matteo proveniamo da quartieri molto lontani e differenti da questo, ma abbiamo sentito subito che qui c’è l’atmosfera giusta, che il rione sembra proprio il posto ideale per una famiglia. L’unico rilievo che mi sento di fare è rivolto alle scuole che bisognerebbe organizzare meglio allo scopo di integrare meglio ragazzi di diverse estrazioni sociali e rendimento scolastico. Quando siamo venuti ad abitare qui non ho avuto esitazioni ad iscrivere i miei figli alle scuole del Pilastro. Ma dopo poco, a malincuore, ho dovuto accogliere la richiesta di uno degli adolescenti di cambiare scuole. Non per incapacità degli insegnanti che anzi sono risultati disponibili e competenti, ma per sue difficoltà di integrazione in un contesto complesso.”

Testo e foto di Lino Bertone

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