Viaggio virtuale Bologna Napoli: dal Pilastro al Rione Sanità
Rione Sanità il Blog
Se andassi in giro per Bologna e domandassi a ignari passanti “Qual è la prima immagine che ti viene in mente se ti dico Napoli?” probabilmente la metà delle persone risponderebbe “Un posto al sole” e l’altra metà “Gomorra”. Inutile dire che Napoli è ben altro. Ma l’idea che a livello irrazionale, due serie televisive possano condizionare il nostro primo “impulsivo” pensiero, mi ha spinto a chiedere a chi, di comunicazione si occupa, di parlami del Rione Sanità e del suo blog Quartiere sanità.
Il rione è tranciato “fisicamente e logisticamente” da un ponte che l’ha escluso dal centro cittadino, il Ponte della Sanità, dando la percezione di trovarsi in una periferia al centro di Napoli. Inoltre, in questi ultimi anni il rione sta vivendo una forte “ghettizzazione” (nel mirino l’ospedale San Gennaro, due scuole pubbliche, l’ufficio postale, la biblioteca, ecc.)
Ecco come si racconta il blog del rione sanità: “è un giornale online che informa e non fa notizia. La nostra è una attività di volontariato sostenuta dalla Rete Sanità e da padre Alex Zanotelli. Si parla del rione, di Napoli, del sud ma anche del nord, di politica, di immigrati, di scuola, di omosessualità, di lavoro, di donne, di ambiente; si denuncia, si organizza, si propone, si programma, ci si aiuta ecc, ecc; si dialoga, si prendono posizioni, si pubblicano filmati, rubriche, si ascolta la musica, si guardano i film, si realizzano interviste e documentari, insomma, un blog a 360 gradi. Sostieni le nostre azioni con i tuoi consigli, le critiche, i disappunti, gli elogi. Tutto ciò ha una organizzazione per precisa e definita: far comprendere che il quartiere sanità è anche altro”.
Antonio inizia la sua narrazione:
“Sono un cittadino del rione. Anche i miei erano del quartiere. Sono laureato in sociologia. Ho iniziato a studiare il luogo Sanità partendo da due storie, una guantaia e un operaio camionista. Ho sempre trovato profondi contrasti tra la realtà del luogo e la sua trascrizione letteraria. In passato i luoghi poveri napoletani erano considerati quelli della “arte di arrangiarsi“, adesso sono quelli criminali e camorristi. Ma esiste un altro lato della cultura della Sanità.
Da qui la scelta di fare un blog, ostinandomi da oltre dieci anni, rischiando di cadere in qualche errore, pur di affermare con forza l’esatto opposto: i luoghi poveri napoletani sono quelli della brava gente. Non voglio confutare o difendere le famiglie malavitose. Solo dar voce anche alla brava gente che “non si fa sentire”. Perché “n’a noce d’int’o sacco nun fa rumore“.
Oscar Lewis parlava dei luoghi poveri definendoli “cultura della povertà“. Una specie di circolo vizioso dove in fondo nel “mal’essere” non si sta poi così male, che ha generato tutta una serie di equivoci letterari. Cerco quotidianamente di scacciare le etichette sociali. Ma non è certo facile in un quartiere di “frontiera” come il nostro.
Altro obiettivo del blog è quello di cambiare il linguaggio e la scrittura. Di non usare sensazionalismi o miti quotidiani. Cerco, con l’aiuto degli altri, di riportare quante più storie di vita possibili, raccontate anche solo attraverso una poesia o una breve storia. Spesso mi dilungo sulla politica, sul calcio, soprattutto sulla società, cercando, per quanto possibile, una relazione con il quartiere. Ogni piccola azione o situazione è buona per fare un parallelo, per cercare di far capire che dietro ogni persona ce n’è un’altra ancora; e dietro ogni dignità, un mondo da prendere in considerazione.
Questo il punto cruciale, noi… noi della Sanità, i poveri, i reietti che hanno e vogliono mostrare la loro storia. Essere ignorati (dicono che usiamo questo concetto perché non vogliamo liberarci dalla criminalità), vuole dire non essere, non appartenere, non sentirsi dentro. Questo crea “scuorno“, qualcosa che non si può accettare, che non fa parte dell’essenza dell’essere umano.
La pratica eroe/salvezza è quella che oggi più attecchisce ed è quello che combatto da anni con forza e determinazione. Assieme a cittadini volenterosi, associazioni, commercianti, gente comune, stiamo cercando di far comprendere che anche noi siamo organizzati, siamo collaborativi, siamo “ingegnosi”.
Faccio parte di una rete, la “rete del rione Sanità” che unisce diverse anime: singoli cittadini, associazioni, qualche commerciante, disoccupati, venditori ambulanti, professionisti ecc.
Un insieme di persone che si riuniscono periodicamente: punto focale, il rione. Facciamo proposte, interagiamo quanto possibile con la Municipalità, il Comune, la Regione, facciamo azioni dimostrative (l’ultima contro la chiusura dell’ospedale). Ci siamo riappropriati di spazi pubblici chiusi, promuoviamo tutto quello che può far bene al rione. La rete è un’entità libera, non partecipa sempre la stessa gente, alcune volte siamo in cinque, altre volte in cinquanta. Solo Padre Alex Zanotelli, abitante del rione, è costantemente attivo “in rete” da dodici anni.
Le tesi che passano ancora, nonostante le smentite, sono quelle di un familismo amorale, di cultura del vicolo, di un crogiolarsi sulla facilità e sulla noncuranza. Tesi smentite (anche Eduardo De Filippo lo diceva), che non fanno “rumore”, che non hanno impatto, insomma che non hanno un linguaggio economico. Da anni viviamo attanagliati da un mare di notizie che non è informazione.
Vogliamo riappropriarci del linguaggio sociale. Oggi, il linguaggio economico ha invaso ogni campo del sociale, ecco perché le etichette e gli stereotipi hanno vita facile. Nei luoghi poveri le urla, gli atteggiamenti, le posture possono essere ancora più facilmente screditati. Invece mia madre mi ha insegnato che “chi ‘allucca grande dulore sent‘”.
Ma è iniziata la reazione, il cammino virtuoso dei cittadini che da anni si ribellano nel silenzio generale. Il nuovo humus che molti non vorrebbero far emergere, perché c’è in gioco il fallimento di una società intera, di una politica che da anni non ha saputo guardare, legiferare, combattere i mali, mali nascosti così vicini da sapere sempre e in anticipo perché nasconderli.
Un humus, come ho scritto stamattina sul blog, che “non può partire dal rione degli incivili“. Il nostro viaggio virtuale non può certo essere concluso. E’ solo all’inizio. Il nuovo humus sta creando rete. Si propaga. Dilaga. Ed è solo da questo humus, solo dalle persone che si può creare la rigenerazione urbana. Insieme. Il silenzio sta diventando rumore.
Buon lavoro Rione Sanità. Buon lavoro Pilastro.
Gli incivili abitano altrove.
testo di Antonio Caiafa e Lorenza Zullo