CulturaIn primo piano

Lo Stato di Dio

Silvia Di Giacomo

Venerdì 25 Aprile 2018 alle ore 18, presso la Biblioteca del Pilastro Luigi Spina, Silvia Di Giacomo presenterà il suo nuovo romanzo “Lo Stato di Dio” .

Abbiamo chiesto alla scrittrice di raccontarcelo in anteprima.  Silvia è una giovane donna alta, mora, bella presenza, taglio sbarazzino, sorriso aperto e contagioso, di una semplicità disarmante che conquista al primo sguardo. La sua presenza riempie subito gli spazi.

Redazione: Chi è Silvia Di Giacomo ?                                                                                                                                                                           Di mestiere analizzo le pietre. Sono geologa a indirizzo gemmologia.  “Lo Stato di Dio” è il mio primo libro come Silvia di Giacomo.

In precedenza ho pubblicato altri due libri con uno pseudonimo (Leonarda Morsi). Ho iniziato scrivendo letteratura erotica. L’editore Massimo Foschi, da poco entrato nel gruppo Rusconi, mi ha suggerito di scrivere anche un libro “non erotico” per ottenere una maggior distribuzione .

Redazione: Questo libro rappresenta un presagio, un sogno o una paura?                                                                                          Speriamo che serva soltanto a scongiurare un pericolo. Le distopie classiche cercano d’identificare nella società dei pericoli, dei lati oscuri, poi sviluppano un universo futuro, in cui questi pericoli si realizzano: un mondo in cui nessuno vorrebbe vivere.

Redazione: Il futuro ti fa realmente paura?                                                                                                                                                          Mi fa paura il futuro a me vicino. Nel tentativo di trasmettere questa idea di pericolo imminente, ho ambientato il libro in un  futuro prossimo, in un arco temporale che va dal 2028 al 2031. Oggi la nostra società sta cambiando velocemente, ma in un modo deleterio. Vedo attaccati i diritti conquistati faticosamente dalle nostre madri, vedo una mancanza di rispettoverso le donne, verso le minoranze, che siano omossessuali o che siano migranti.  La mia generazione (sono figlia di una “sessatottina”), è stata cresciuta da donne che lottando per la conquista dei diritti, hanno insegnato ai figli il rispetto per i più deboli, per gli ultimi. Adesso, invece, mentre ci “mangiamo” tutti i diritti, insegniamo ai bambini ad aggredire,  a non avere rispetto per chi è in difficoltà,  per l’ultimo, per il migrante che è stato costretto a scappare dal suo paese e  che arriva qui senza un soldo.  Questo mi fa paura.  E l’aggressività la ritrovi tutti i giorno nel linguaggio comune, linguaggio che è diventato pericoloso per i nostri figli.  Nella Prima Repubblica i politici non si sarebbero mai permessi, come invece è successo poco tempo fa in piazza a Bologna, di urlare, in un comizio pubblico, epiteti offensivi e insultanti nei confronti degli omosessuali.  E pensiamo anche alle donne: siamo regrediti.  Oggi si vuole trasformare la donna in fattrice, si vuol farle credere che si realizzi solo se ha partorito (v. fertility day). Per questo ho inserito nel libro una scena potente, d’effetto, in cui se dopo due anni da moglie, non sei rimasta incinta, sei sottoposta di forza a viste e indagini ginecologiche invasive, dolorose, ma obbligatorie.                                                               Nel libro, invece, racconto un “altro” Amore materno: quello di Aida, donna marocchina e di Ivan, adolescente russo.

Redazione: Un Amore forte costruito lentamente sui silenzi e sulla reciproca accettazione della diversità.  Quale dei tuoi personaggi ti è piaciuto di più?                                                                                                                                                                                 Sara è il mio personaggio, non a caso è fotografa di foto erotiche. Lei è un po’il mio alter ego. Ci sono molte cose di Sara che riportano alla mia vita: lei possiede una casa in campagna io sono cresciuta a Conselice, lei non ha i genitori io ho perso la mamma molto presto. E’ il personaggio a cui sono maggiormente legata.  E’ una donna forte che non si rende conto di esserlo.    Anche la coppia di omosessuali, ispirata da due miei amici, mi è molto vicina. Nella vita reale sono una coppia a cui voglio molto bene e che ha un’intesa meravigliosa.

Redazione: secondo te oggi gli omosessuali stanno realmente percependo un’involuzione nella società?                                 Si. Uno dei miei amici mi ha raccontato di aver avuto paura, durante il comizio in piazza in cui sono stati insultati gli omosessuali. Anche coppie di donne mi hanno riferito di non sentirsi libere di definirsi, alle persone che non conoscono, “compagne” di vita, ma di preferire la parola “amiche”.

Redazione: e chi non può nascondere la propria “diversità”, perché straniero, perché quella “diversità” l’ha stampata sui suoi lineamenti?                                                                                                                                                                                                                    Abbiamo identificato nello straniero il nostro problema. Ce la prendiamo con il migrante quando basterebbe combattere l’evasione fiscale per far fronte al nostro debito pubblico.  Lo etichettiamo con la parola “nero”che è una parola crudele, perché lo identifica con l’etnia. Sì, c’è un’intolleranza assurda in Italia. Molti paesi europei, nel tempo, hanno ospitato molti più migranti che sono alla seconda, alla terza generazione.

Redazione: in questo ipotetico futuro le Religioni si sovrappongono in un identico integralismo. Non hai temuto che in Italia, utilizzare il Cattolicesimo come strumento di annullamento di tutte le libertà, potesse essere controproducente?

Può darsi. Molti hanno affermato che questo è un libro anticlericale. In realtà non lo è. La fede è un’altra cosa. La mia idea è stata quella di fare una semplificazione di un pensiero oggi diffuso: il problema è il migrante, che spesso è di religione islamica.  I migranti sono i cattivi, noi siamo i buoni, i migranti hanno una religione sbagliata, noi quella giusta.

Ho immaginato il futuro partendo da questa idea aberrante: Italiani spaventati da folle di migranti in difficoltà, incapaci di accoglierle; terrorismo che s’infiltra tra le pieghe della disperazione, attentati in successione, uno dei quali colpisce il Santo Padre provocandone la morte. In un clima come questo, la  paura s’impossessa della gente al punto da far credere che per garantire la propria sicurezza si possa e si debba rinunciare alla libertà, ai diritti, ci si possa mettere sotto l’egida della religione cattolica, intesa come dottrina, non come Fede. L’Italia si trasforma così in uno stato confessionale.

Se ci si pensa, quel che accade nel libro (uscito qualche mese prima) è molto simile a quel che è successo in realtà in TurchiaPer distruggere uno Stato laico  di diritto è necessario togliere potere alla magistratura. Ma non è un’idea solo mia. Houellebecq in “Soumission”ha immaginato che la Francia diventasse uno stato confessionale islamico.

Redazione: perché hai scelto uno Stato confessionale e non una dittatura militare?                                                                      Perché quando la cultura diminuisce, quando la gente non legge, è più facile agire attraverso una religione di chi ha paura, un “Cattolicesimo”  dietro  cui schierarsi, un potere forte dietro cui ripararsi, proteggersi. Non è il periodo delle dittature militari, ma degli egoismi nazionali.

Redazione: il libro è ambientato a Bologna e zone limitrofe semplicemente perché abiti qui e perché conosci bene queste zone?                                                                                                                                                                                                                                         Un po’ per quello, ma anche perché ho avuto un nonno partigiano. La zona in cui ha combattuto nel mio libro è stata trasformata in zona franca, l’unica del libro: un luogo abbandonata che non interessa, dove mandare  i ribelli al confino.

Redazione: che ruolo ha l’eros in questo libro?                                                                                                                                                    Un valore simbolico: quando la vita pubblica va male, almeno in camera da letto, ognuno trova la sua dignità. Tutte le coppie del libro si amano in forme diverse, ma nell’amore ognuno ritrova se stesso.   Di questo libro ne esiste anche una versione esclusivamente erotica intitolata “2031 amore peccaminoso”.

Redazione: perché Faruk e Aida,  gli stranieri del libro, nel giorno in cui potrebbero andarsene dall’Italia e liberarsi, decidono di restare?                                                                                                                                                                                                    Perché per loro l’arrivo in Italia è stato un investimento. Perché i migranti si riconoscono nell’Italia. Perché loro sanno cosa vuol dire ricominciare da zero, avendolo già provato sulla loro pelle. E non vogliono ripercorrere quella strada.  Gli Italiani vanno via perché si arrendono. Alcuni scappano non solo dalla dittatura, ma anche dalle loro situazioni personali. Davide, ad esempio, non è un personaggio solo positivo; lui scappa dalla moglie incinta nei confronti della quale si comporta in modo crudele.  Valeria, sua moglie, è il personaggio femminile che più ho amato dopo Sara, perché lei è quella che soffre di più.   I personaggi sono tutti degli anti eroi. Gli unici eroi sono Andrea e dj Roger, la coppia omosessuale, che decide di restare e resistere.

Redazione: perché hai concluso il libro immaginando un giorno in cui fosse concesso di andare via liberamente dall’Italia?                                                                                                                                                                                                                          Nel libro sono raccontate quattro coppie, quattro fili narrativi che dovevano in qualche modo ricongiungersi. Per farlo ho utilizzato uno stratagemma: un evento che li facesse arrivare nel cortile dell’albergo, che li facesse decidere e che rappresentasse la svolta delle loro vite. L’evento, come accade nella vita reale con l’indulto, arriva a ciel sereno, improvviso e inaspettato.

Redazione: chi immagini siano i tuoi lettori?                                                                                                                                                  Donne, forse perché sono quelle che leggono di più. Donne dai quaranta anni e oltre, che hanno visto e conoscono questo cambiamento. Vorrei che la gente ricominciasse a leggere. Possiamo scappare dai limiti imposti, leggendo.

Silvia non ha paura di parlare né di esprimere la sua opinione. Si racconta  con generosità. La sua dialettica appassionata e ciò in cui crede, ti catturano e ti inducono a continuare a domandare, chiedere e interrogare. Per questo vi suggeriamo di venire venerdì a incontrarla insieme a noi. Vi aspettiamo.

 Intervista e testo di Mariella Sanna e Lorenza Zullo

Calendario attività

Verified by MonsterInsights