Analisi di un caso di cronaca nera
Per chi abita al Pilastro, forse per scaramanzia o forse per rinnegare gli eventi spiacevoli del passato, parlare di avvenimenti brutti avvenuti nel rione non è mai una cosa che si riesce a fare con semplicità. Decidere se dare spazio o meno ad eventi che potrebbero, se usati strumentalmente dai mezzi di comunicazione, riportare ombre su quello che è il Pilastro, rovinando così, anni e decenni di duro lavoro per combattere gli stupidi pregiudizi, non è semplice. Premesso ciò, si tratterà comunque il caso di cronaca nera avvenuto qualche giorno fa in via Salgari, dove un uomo di 58 anni ha ucciso l’anziana madre di 85 anni, ormai da qualche tempo bloccata a letto per motivi legati all’età,
Questo non è il primo caso di cronaca nera che avviene al Pilastro da quando il blog è stato aperto nel 2016, ma a differenza delle scorse volte questo avvenimento in qualche modo colpisce tutti gli abitanti del rione, toccando punti potenzialmente profondi e deboli di ognuno di noi.
Ciò che è successo la settimana scorsa al Pilastro poteva accadere esattamente in qualsiasi altra parte di Bologna e probabilmente in qualsiasi altra parte del mondo, un mondo che corre, ma che a volte correndo si allontana troppo da qualcuno. Alcuni quotidiani locali probabilmente però, non avrebbero messo il nome del quartiere nel titolo, così come hanno fatto per il nostro rione, ancora e senza evoluzioni da quelle pratiche di giornalismo scorrette, iniziate contro il Pilastro a fine anni ’80 ed esplose nel ’91 con l’uccisione di 3 carabinieri da parte della banda della “Uno bianca” e non da pilastrini.
Pensare oggi nella piena era digitale ad un modello sociale più “lento” è utopico e probabilmente anacronistico, ma allo stesso tempo coinvolgere tutti e farli partecipare alla “corsa” non è semplice, soprattutto se non si hanno gli strumenti per correre.
Con questo articolo nessuno vuole giustificare ciò che il signore 58 enne ha compiuto contro la propria madre. Un omicidio è qualcosa di terribile, ingiusto sempre, nella involontaria fine di una vita c’è sempre qualcosa che stona e strazia. Quello che è avvenuto al Virgolone (il famoso palazzo ormai simbolo del Pilastro dove era residente la famiglia coinvolta) è però un dramma della solitudine, una solitudine che potrebbe toccare tutti da vicino.
L’uomo coinvolto nel delitto aveva da tempo perso il lavoro e con fatica stava provando a rientrarci. La madre, allettata da tempo, da anni portava con se bisogni e richiesta di attenzioni che il processo d’invecchiamento richiede.
Una convivenza più o meno forzata tra un uomo adulto con i propri bisogni e le proprie paure e una donna anziana, che in maniera diversa, portava in quella relazione altrettanti bisogni e paure. Debolezze più o meno piccole che si incontrano, ma che insieme diventano un colosso difficile da smontare.
Lo stress, le paure sul futuro senza un lavoro e la solitudine per un uomo adulto senza famiglia, per il quale l’unica famiglia effettivamente esistente era una madre con più di 85 anni e disabile, hanno creato un momento di tilt, di panico, di buio che ha portato al delitto.
Alcune persone parlano della colpa degli assistenti sociali, (cos’avrebbe potuto fare un’assistente sociale in una situazione del genere? Non era una situazione da segnalare per Trattamento Sanitario Obbligatorio. Un’assistente sociale dovrebbe segnalare, in tempo di crisi economica, tutti gli uomini e le donne adulti che abitano a casa con genitori anziani come potenzialmente pericolosi o instabili?) altri danno la colpa ai vicini di casa o agli abitanti del rione, per non aver dato sufficiente supporto. Un rione, in fondo, ancora socialmente di stampo popolare come il Pilastro, vede la presenza di tanti tipi di famiglie. Dopo la crisi economica degli ultimi anni, sono molti i figli “ritornanti” ad abitare con i propri genitori dopo la perdita del lavoro o la fine di una relazione sentimentale. Molte altre persone invece, decidono di rimanere in casa con parenti per via dell’alto costo degli affitti in città, anche perché il Pilastro viene considerato dai suoi abitanti, contrariamente a quello che pensa il resto della città, un territorio ricco di servizi e collegamenti. Era obiettivamente impossibile, per chi incrociava quotidianamente il 58 enne protagonista della vicenda, prevedere l’accaduto solo perché convivente con la madre! E c’è anche, chi dà colpa alla tecnologia affermando che i social media ed internet creano una società individualista (di sicuro internet ha probabilmente diminuito le relazioni “di persona”, ma ha aumentato le potenzialità nel contattare e rimanere in contatto con tantissime persone non solo nel locale. In questo caso internet invece diventa un potenziale strumento di evasione e di ascolto che a volte si fa fatica a trovare nel locale. Qualcosa che poteva portare l’uomo lontano, seppur con la mente e con i messaggi, lontano dal Virgolone).
Le responsabilità sono in primo luogo di chi ha commesso il delitto, certo, ma si trovano anche in parte, nel pudore nel momento del bisogno che la società ci ha insegnato, (il non saper chiedere aiuto e il vergognarsi di farlo ne è un esempio. Il percepirsi meno indipendenti e meno di valore rispetto agli altri ci blocca. Il non essere competitivi o non poter partecipare a quell’eterna competizione che ormai è diventata la vita, ci fa sentire inferiori. Rendendo la parte più dura di tutta la faccenda, l’ammissione a se stessi e non l’esternazione con gli altri ) e nelle troppe richieste di aiuto che il cittadino comune riceve, (un cittadino comune che non ha un ruolo professionale in un lavoro di aiuto, riceve giornalmente per strada, su internet e dalla televisione, richieste di sostegno economico e di aiuto sociale.) Nessuno ovviamente può andare incontro alla soddisfazione di tutte le richieste, e spesso per sfinimento o per la mancanza di strumenti che rendono molto difficile da parte delle persone, il capire chi sia il beneficiario più meritevole dell’offerta, la persona smette di donare e smette automaticamente di recepire i messaggi. Questo deriva anche da una dispersione di forze e di informazioni nell’incanalare le richieste di sostegno e aiuto. Spesso i beneficiari ignorano l’esistenza di servizi e associazioni apposite che possono dare un sostegno concreto, e questo deriva da una mancanza di comunicazione e rete tra le istituzioni e il terzo settore, proprio nell’era in cui le critiche dell’era tecnologica denunciano la troppa interferenza dei nuovi media nella vita quotidiana e nei rapporti tra persone e istituzioni. Siamo invece sicuri che un uso maggiore delle reti e di internet non potrebbe essere un buon strumento di supporto che andrebbe implementato? Uno strumento che permette una maggior creazione di network e di informazione, che potrebbe garantire l’anonimato a chi si vergogna di chiedere aiuto esplicitamente?
Di sicuro tutti siamo coinvolti in qualche modo. Perché la situazione familiare del nucleo coinvolto nell’omicidio ci ricorda parenti, amici o addirittura il nostro. Perché abitiamo al Pilastro. Perché a volte ci sentiamo soli e abbiamo paura che i prossimi a pronunciare la frase “gli unici ad avermi ascoltato sono stati i Carabinieri” potremmo essere noi.
Per questo motivo, a differenza di altre volte, si è dato spazio sulle pagine del blog a un caso di cronaca nera. Il blog, come qualsiasi altro mezzo giornalistico, dovrebbe raccontare in modo imparziale ciò di cui si prefigge di raccontare. Il nostro scopo non è quello di dipingere un Pilastro più bello di quello che è, ma il nostro obiettivo è quello di raccontare senza morbosità gli sviluppi e la cronaca, principalmente positiva e a volte negativa, che il territorio del Pilastro vive quotidianamente. Il Pilastro non vuole essere considerato un posto migliore degli altri, ma un luogo alla pari degli altri, dove quello che accade può accadere esattamente anche in un altro qualsiasi luogo.
Crediamo sia importante esprimere un gesto di vicinanza ai familiari e conoscenti dei protagonisti di questo triste fatto di cronaca. Un pensiero va anche all’uomo che ha compiuto questo gesto (volutamente in questo articolo non è stato mai citato il nome fino a qualche giorno fa un “normale” cittadino del rione, da qualche giorno per alcuni giornali diventato “killer”) sicuramente al centro di una rivoluzione personale non facile da capire.
testo di Jonathan Mastellari