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L’impatto del Coronavirus sull’ambiente

Riceviamo da Legambiente l’Arboreto APS di Bologna e volentieri pubblichiamo questa riflessione sulla sostenibilità ambientale dell’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus. 

Il ritorno della plastica monouso post emergenza ha gravi conseguenze sul Pianeta e sulla nostra salute. Ripensare le nostre azioni in un’ottica sempre più sostenibile è l’unica via d’uscita.

Ci abbiamo messo anni per riuscire a sensibilizzare governi e opinione pubblica sul problema della plastica monouso e sembrava che i tempi fossero maturi per cercare di invertire la rotta.
Provvedimenti normativi – come la Direttiva Europea SUP che prevede la messa al bando dei prodotti in plastica usa e getta entro il 2021 – e comportamenti quotidiani più sostenibili erano già in atto.

L’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus, però, ci ha messo di fronte a una nuova sfida, legata proprio al ritorno di una diffusione massiccia di plastica monouso: guanti e mascherine in primis.
Già dalla prima fase si iniziava ad avvertire il pericolo che questi dispositivi rappresentano per l’ambiente. Fermo restando, ovviamente, la loro necessità per la nostra salute. Ma, complice la paura del contagio, la plastica monouso sta di nuovo invadendo le nostre vite. Si pensi, ad esempio, alle vaschette e agli imballaggi in plastica per alimenti da asporto, il cui utilizzo è tornato in auge in molte attività commerciali.

È ormai certo che l’impiego dei dispositivi di protezione ci accompagnerà a lungo nella convivenza con il virus e questo, indubbiamente, avrà un notevole impatto sul Pianeta. Si stima che ogni giorno, solo in Italia, l’uso di mascherine produca almeno 100 tonnellate di rifiuti plastici. Inoltre, trattandosi di materiali compositi e contaminati non si possono differenziare né riciclare. Almeno per il momento.

Le mascherine chirurgiche, ad esempio, sono formate da due o tre strati di tessuto non tessuto (Tnt) costituito da fibre di poliestere o polipropilene, sono monouso e non ci sono procedure, scientificamente validate, per la loro «disinfezione». (come ha spiegato Milena Gabanelli nello speciale di Dataroom sul Corriere, n.d.r.).

Nel prontuario diffuso a inizio aprile, il Ministero della Salute italiano ha spiegato che guanti e mascherine vanno smaltite nella raccolta indifferenziata «chiudendo tali rifiuti in due o tre sacchetti, uno dentro l’altro». Cosa significa questo? Che nel migliore dei casi questi rifiuti finiscono in un inceneritore, ma nel peggiore vengono dispersi nell’ambiente. E il secondo caso sembra purtroppo un comportamento largamente diffuso, come dimostrano le foto pubblicate su web e social che immortalano guanti e mascherine gettati per terra.

Molte associazioni ambientaliste, fra cui Legambiente, denunciano che guanti e mascherine disperse nell’ambiente hanno già raggiunto fiumi e mari, dove rischiano di creare gravi danni alla fauna acquatica. I guanti possono essere scambiati per meduse dalle tartarughe marine (come i sacchetti di plastica) e anche gli elastici delle mascherine rappresentano un pericolo per molte specie animali.

A questo si aggiunge l’aggravante che questi dispositivi, disintegrandosi, si trasformano in microplastiche, il cui inquinamento è subdolo e ancora incalcolabile. Secondo il recente studio pubblicato sulla rivista Environmental Pollution, la concentrazione di microplastiche negli oceani è stata ampiamente sottostimata: sarebbe almeno il doppio di quanto si credeva finora. I ricercatori stimano che negli oceani ci siano più frammenti di materie plastiche che zooplancton. E poiché le microplastiche hanno le stesse dimensioni del plancton, finiscono nella catena alimentare dei pesci e tendono ad accumularsi negli organismi superiori, arrivando fino a noi.

È necessario ripensare le filiere e progettare alternative sostenibili per minimizzare le conseguenze del nostro operato in questa fase, per evitare che il loro impatto sia devastante. Alcune esistono già: come le mascherine lavabili e riutilizzabili, non adatte in ambito ospedaliero e assistenziale, ma valida alternativa per i cittadini (si veda l’art. 16 comma 2 del D.L. 17 marzo 2020, n. 18, n.d.r.).

L’emergenza e le conseguenze della pandemia ci hanno mostrato chiaramente che i nostri stili di vita hanno un notevole impatto sull’ambiente, e anche sulla nostra salute. Evitiamo che questa lezione resti inascoltata e ripensiamo le nostre azioni quotidiane in un’ottica sempre più sostenibile, ripartendo da qui e con il piede giusto.

Legambiente l’Arboreto APS – Bologna

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