Abitare il PilastroStoria del Pilastro

…e me ne sono andata col cuore che batteva

Riceviamo e molto volentieri pubblichiamo ringraziando Tiziana per questa bella testimonianza:

La prima volta che ho visto il Pilastro avevo circa 15 anni. Era il 1973. Io ero reduce da un lutto pesante e avevo tutta la fragilità dell’adolescenza. Cominciai a frequentarlo perché ci abitava una mia compagna di scuola.

Correvano voci che fosse un luogo pericoloso, gli amici della mia amica me lo confermavano e io, che venivo da un’altra periferia, ugualmente povera ma che cercava di mitigare la miseria con case dai pavimenti in marmo e televisioni, avevo paura. Scendevo dall’autobus con il cuore che mi batteva e lo stomaco stretto sotto i maglioncini acrilici che, in quegli anni, scimiottavano gli abiti alla moda.

L’ultima volta che ho visto il Pilastro è stato esattamente un mese fa, l’11 dicembre 2020.

E me ne sono andata col cuore che mi batteva e le lacrime che non riuscivo a trattenere. Quel giorno è stato il mio ultimo giorno di lavoro prima della pensione, il mio ultimo giorno dopo 39 anni in cui ho fatto l’educatrice di asilo nido e dopo 10 anni proprio qui, al Pilastro, al nido Ada Negri. Quando ci sono arrivata ero, come tanti anni prima, reduce da un altro lutto importante e da un’esperienza lavorativa in uno spazio lettura finita male. E, anche se adulta e forte delle mie scelte, provavo un vago senso di timore nel tornare in un luogo che non avevo mai amato e di cui serbavo un ricordo poco gradevole.
Da quel giorno sono trascorsi dieci lunghi e bellissimi anni, nei quali ho avuto la fortuna di conoscere tantissimi bambini e altrettante famiglie. È con queste che sono nate le chiacchierate con mamme provenienti da paesi lontani e che avevano bisogno di raccontarsi, che si sono trovati momenti di scambi gastronomici nei quali ritrovare i sapori delle proprie origini, in cui si è cercato di sollecitare storie di vita per trovare un filo conduttore tra infanzie vissute in luoghi diversi e di condividere momenti di festa in cui lo stare insieme diventa conoscenza reciproca e piacere di comunicare anche attraverso il sorriso e non solo le parole…

Il Pilastro mi ha accolto, come accoglie chiunque, e mi manca molto. Mi manca la città che improvvisamente finisce per lasciare posto alla campagna e ai palazzi che si alzano sopra un mare di nebbia quando arrivavo al mattino. Mi manca il giardino di grandi alberi del nido in cui ancora si percepisce il passare delle stagioni. Mi mancano i bambini di tutti i colori. Mi mancano i sorrisi e i pianti.

Mi manca un arco di vita che parte da me ragazzina e arriva ad oggi, 47 anni dopo, con lo stesso filo conduttore: un quartiere fuori porta San Donato, ai margini della città, che mi ha arricchito. Perché nelle situazioni, citando un libro per bambini che io considero un capolavoro, “non si può passare sopra, non si può passare sotto. Bisogna passarci in mezzo”.

E io credo di esserci riuscita.
Tiziana Baldanza per i bimbi Dada Titti

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