Abitare il PilastroCultura

Alberto Zamboni ricorda da artista il padre Nicola

Addio a Nicola Zamboni, il ricordo del figlio Alberto:
Non ci saranno funerali per lo scultore Nicola Zamboni, l’artista bolognese nato nel 1943 e morto lunedì scorso. “Per sua volontà sarà cremato ma sarebbe bello che il prossimo maggio, quando avrebbe compiuto 80 anni, si riuscisse ad organizzare un ricordo, un’iniziativa itinerante tra le sue opere che sono sparse tra Bologna e il territorio limitrofo, magari qui in Appennino, tra Montesole e Cerpiano, dove le sue sculture ricordano le stragi fasciste. Lui era un personaggio fuori dalle righe e non voleva certo un funerale classico”, ricorda il figlio Alberto, a sua volta pittore.
“Mi ha insegnato moltissimo – aggiunge -. Ma soprattutto la libertà. L’arte per lui rappresentava uno stile di vita oltre che la capacità di creare con le mani. Fin da piccolo mi diceva “voglio che tu sia libero perché l’arte è un passepartout, un diversivo per non essere schiavo di un sistema. Mi piacerebbe che venisse ricordato come un grande connettore tra le persone e come una persona capace di dare corpo a illusioni, di andare fuori dai “copia e incolla” di una società che ti impone archetipi da rispettare. Lui indicava una via alternativa”. Alberto Zamboni oggi è uno scultore che ha formato il suo talento prima di tutto muovendosi tra i tanti studi del padre Nicola.
Forgiava figure mitiche e fiabesche
“Erano grandi palcoscenici, con tante situazioni, abitati da personaggi uno diverso dall’altro, da quello istituzionale a quello più popolare. Ho sempre pensato che fossero fucine come quelle di inizio Novecento e, come accadeva a me, i ragazzini o i giovani studenti che andavano a trovarlo percepivano qualcosa di particolare: sentivano che esisteva la possibilità di un mondo legato a canoni antichi e ancestrali nel definire il lavoro dell’artista”.
Perché, come ricorda il figlio, Nicola Zamboni è stato un artista che forgiava figure mitiche e fiabesche, tra sacro e profano. “Lo ricordo come un uomo di altri tempi, un artista più legato al mondo del Novecento non certo a questa contemporaneità museale, un po’ stitica e fredda. La sua vita è stata quella di un uomo apertissimo a mille contaminazioni, con una grande capacità di relazione sociale. Era un grande comunicatore. Non a caso tra le sue opere che amo di più ci sono le sculture realizzate per il Parco Pasolini al Pilastro, o il teatro immaginario a Castel Maggiore. Sono luoghi di incontro, che vengono vissuti dalle persone, e quelle opere non hanno bisogno di codici per essere capite”.

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