La spesa al mercatino San Donato.

“E’ ora di fare la spesa.

Faccio una lunga nota di ciò che mi occorre nei prossimi 3-4 giorni, se voglio essere più oculata, preparo le borse e la borsa per i surgelati, prendo le chiavi dell’auto e vado al centro commerciale che preferisco: non ho che l’imbarazzo della scelta e in stretta prossimità del Pilastro ce ne sono minimo 5.

Lì trovo ogni ben di Dio , cibo con alimenti provenienti da ogni parte del mondo, abiti e scarpe, pet food, arredamento, cosmetica .

Bene.

Cancellate tutto ciò; chiudete gli occhi per un momento e togliete tutti, ma proprio tutti, i centri commerciali, togliete le auto o almeno la possibilità di usarle per fare la spesa , togliete i surgelati ed i surgelatori, Togliete i bancomat  e ricominciamo il nostro discorso. Eppure, incredibilmente, si mangiava, eccome!!

Siamo negli anni 60-70. La spesa è una mansione prevalentemente femminile o affidata ai bambini per piccoli importi. La spesa ha una valenza quasi quotidiana. Molti prodotti sono venduti sfusi, a peso. La pasta, i legumi, i formaggi.I piatti precucinati non esistono ancora. I pranzi, tutti, vengono consumati prevalentemente a casa. Oppure si usavano le gavette per portarsi il mangiare sul lavoro.

Per la spesa alimentare ci si rivolgeva ai  negozi di prossimità, tutti rigorosamente divisi per genere commercializzato: la lattaia, il salumiere, il fornaio, il fruttivendolo, il macellaio. Fare la spesa significava passare da uno all’altro questi negozi ed in ognuno attendere il proprio turno, acquistare, pagare etc. E’ un sistema che richiede tempo ma al tempo stesso, permette una conoscenza diretta e continuata tra il venditore ed il cliente, per cui la spesa è anche un motivo per stare fuori casa e socializzare.

In questo scenario si colloca la storia del Mercatino, così veniva comunemente chiamato il grande edificio sotto il ponte di San Donato. Costruito poco dopo gli anni 60, in data attualmente non reperibile, aveva dato una sistemazione strutturale ai vari ambulanti che si collocavano “giù dal ponte” Era frequentatissimo da tutto il  quartiere.

Per  arrivarci dal Pilastro o da San Donnino bisognava prendere l’autobus o andare in bicicletta; l’uso dell’auto, soprattutto al femminile, era abbastanza raro.

Al mercatino si trovava un assortimento di generi alimentari diversi veramente eccezionale, considerata l’epoca. E soprattutto, almeno per quanto diceva la mia mamma, la convenienza c’era e tanto bastava a giustificare la strada da percorrere.

Ricordo la San Donato percorsa dalle biciclette con le signore rientranti dal mercato. Quelle grandi borsone ricolme di pane frutta verdura per famiglie mediamente più numerose di quelle attuali.

Ci vuole una perizia particolare  a percorrere in biciletta la strada con certi carichi in mezzo al traffico, ma allora era assolutamente regolare.

All’ esterno del mercatino c’era l’edicola, la fioraia  e una rastrelliera per biciclette monumentale.

Prima di entrare, a destra e sinistra della grande porta a vetri smerigliati  del mercato,  c’erano i due venditori di banane, con due mini banchetti .Sembravano due sentinelle. Non ho mai capito perché le banane dovessero essere vendute come genere separato e non come una normale frutta. Ma così era.

Poi si entrava. Grande affollamento, grande via vai di venditori e clienti. Rumori ed odori di alimenti mescolati.

Il mercatino era coperto e chiuso, cosa che negli inverni bolognesi era importante. Non così erano altri mercatini di zone limitrofe come quello della cirenaica o di Piazza Aldrovandi.

Tutta la parte centrale del grande spazio interno era occupata dai fruttivendoli. Ce n’erano almeno una decina. Ed erano anche “specializzati” Una era ferrarese e vendeva prodotti specifici della sua terra, comprese le zucche. La Maria invece vendeva soprattutto verdure del sud.

Sui lati interni dell’edificio erano allineati i piccoli negozi: due fornai, la lattaia –bar (ma allora quasi nessuno faceva colazione al bar) parecchi salumieri. Negli anni 70 arrivarono, gran novità, il pollivendolo e un negozio che vendeva solo formaggi. Aveva formaggi provenienti da tutta Italia, e non solo.

Per noi era una vera meraviglia.

In fondo, a sinistra un’uscita portava a due pescherie collocate in esterno. In quell’epoca non era così facile acquistare pesce a Bologna, e di sicuro l’uso di pesce fresco era abbastanza raro sulle nostre tavole.

Per almeno un trentennio il mercatino San Donato è stato un punto carismatico delle famiglie di tutta San Donato, un luogo di commercio, incontro interscambio. Un luogo importante.

Poi i centri commerciali. La loro fruibilità e competitività, l’assortimento infinito, i maxi parcheggi. Impossibile per questi piccoli commercianti reggere l’urto, il calo delle vendite, la clientela sempre più ristretta.

La funzione del mercatino era finita e le ultime volte che ci andai a fare la spesa era triste vedere quegli spazi così poco frequentati, le bancarelle chiuse in parte…un’aria di decadenza e abbandono. Era evidente che doveva cambiare funzione.

Uno spazio grande ed accogliente, collocato in una posizione così comoda e centrale del quartiere, ben servito dagli autobus e a pochi metri dall’ Università  meritava un utilizzo migliore.

Credo che molti cittadini abbiano apprezzato la scelta municipale di collocare  il Mercato Sonato in questo luogo. E l’Orchestra Senzaspine ha allietato ed arricchito la  cultura Bolognese proprio a partire da qui, dove suonava e faceva prove, organizzava eventi e serate.

Chi  oggi ha meno di 40 anni forse non sa neanche più l’originaria funzione di quell’edificio!

Credo che ogni cittadino con un minimo di senso pratico possa pensare a spazi e funzioni in senso statico solo per malinconie nostalgiche.

Ciò nondimeno credo che questo edificio, almeno nelle sua parte infrastrutturale, abbia un grande valore storico per il territorio, che non sia da trascurare. Prima di abbatterlo bisogna pensarci molte volte.

Non solo i monumenti e le chiese sono patrimonio culturale. Me lo hanno insegnato, quando ero piccola, gli amministratori comunali di Bologna con le loro scelte avanguardiste per l’epoca, e li ringrazio.

Che il dibattito sul suo riutilizzo continui, tenendo conto anche di ciò!

testo di Ingrid Negroni; foto Susi Realti

Nota alle foto:

L’incrocio tra Via San Donato e Via del Lavoro

 

 

 

Il Mercatino non è ancora stato costruito

 

 

Si vedono le immagini degli ambulanti che poi ci si trasferiranno.

 

 

 

 

 

 

All’angolo la piccola postazione della signora delle caldarroste e mistocchine…

 

 

 

 

 

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