Abitare il PilastroCulturaRacconti

I racconti di Licia

– IL GIGANTE BUONO –

Aprì gli occhi nel momento in cui un timido raggio di luce, filtrò dalle persiane socchiuse. Si guardò intorno, prima di ammettere che era di cattivo umore. Lasciò ai suoi sogni disordinati, l’ingrato compito di spiegare al nuovo giorno, cosa non avesse funzionato, e si alzò.

Tolta la polvere del malumore dal viso, si ritrovò nella sua vita, tra le sue cose, che stavano invecchiando insieme a lei. Oggetti del suo mondo antico, capaci di restituirle sempre il sorriso, come quel piccolo quadro che custodiva ancora segreti e pensieri di quando era piccolissima.

Era la caricatura del pugile Carnera che suo padre, fan sfegatato, aveva avuto la bella idea di attaccare alla parete di fronte al suo piccolo letto con le sbarre, dicendole: “Con lui, sarai al sicuro!”

Ad attirare l’attenzione di Licia, furono senza dubbio quelle mani e quei piedi troppo grandi, anche per un gigante. Anche i denti erano enormi, imperfetti protagonisti di quel sorriso aperto e autoironico.

Fu proprio quel sorriso, specchio indiscusso della sua bontà, che conquistò il suo piccolo cuore. Quell’omone grande e grosso che poteva incutere timore, a lei ispirava tenerezza. Le dava sicurezza e le faceva compagnia in quelle notti in cui non riusciva proprio a prendere sonno.

Primo Carnera, primo non solo di nome ma anche di fatto, aveva soprannomi strani: “Il Gigante di Sequals”, “la Montagna che cammina”, “La Torre di Gorgonzola”: per quei muscoli capaci di sprigionare una forza tale che nessuno poté mai eguagliare. Benché non abbia mai sfruttato appieno quella forza, per timore di ferire gli avversari. Ma Carnera non era solo forte e tenace. Era buffo, simpatico, umile, ingenuo e molto generoso.

Suo padre glielo raccontò così: “La montagna che cammina pesava, quando nacque, ben dieci chili. Da adulto, scese a piedi dai suoi monti, dentro alle sue enormi scarpe. Riuscì a conquistare il mondo, vincendo il campionato mondiale dei pesi massimi della boxe. Si impose partendo dal nulla, diventando l’uomo in cui si identificavano le ansie di rivincita e di affermazione di tutti i migranti italiani, oppressi da pregiudizi e discriminazioni. Innumerevoli furono le sue vittorie, indiscusso il suo successo con le donne, notevoli suoi guadagni Scampoli di una vita su cui si raccontavano improbabili trame fiabesche. Poi si ammalò, e quando seppe di aver perso il match con la vita, volle tornare nel suo Friuli, a Sequals, dove morì.

Le parole di suo padre e le immagini dei suoi sogni divennero storie che, ogni notte, le tenevano compagnia. Quante emozioni, conservate sotto coltri di silenzio! Lo ringrazierà per sempre per aver fatto parte della sua piccola vita.

Una vita che continua a vivere d’istinto, godendosi il sole e la carezza del vento, che la invoglia a coltivare ancora desideri. Finché le sarà concesso. Mentre fugge, irreparabilmente fugge… il tempo!

Licia Deligia

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